12 ore di buio

lunedì 27 febbraio 2017

L'ombra della paura, la recensione dell'acclamato horror di Babak Anvari

Una donna e sua figlia sono perseguitate dai jinn in L'ombra della paura, affascinante e inquietante horror ambientato in Iran.

 



Batte bandiera britannica in fase produttiva ma ha la particolarità di essere ambientato in Iran e recitato in lingua persiana L'ombra della paura, horror acclamato dalla critica e disponibile su


Netflix. Lodi spese a buon ragione visto che ci troviamo dinanzi ad un'operazione raffinata e intelligente che utilizza il genere per parlare anche di altro: la trama ha inizio negli anni '80, nel pieno del conflitto tra Iraq e Iran, con la protagonista Shideh costretta ad abbandonare il sogno di proseguire gli studi per diventare medico. La sua partecipazione in passato a moti studenteschi di estrema sinistra le nega infatti la possibilità di essere riammessa all'università; una situazione difficile da accettare per la donna che, ancora scossa dalla morte della madre sei mesi prima, si riflette anche nel rapporto con il marito e la figlia piccola Dorsa. Quando l'uomo, un rispettato dottore, viene mandato sul fronte per prestare cure ai feriti e i bombardamenti su Teheran cominciano a intensificarsi, Shidah si trova ad affrontare anche l'improvvisa malattia della bambina la quale sostiene di essere perseguitata dai jinn, entità sovrannaturali da sempre presenti nelle leggende locali.

Una vera e propria ventata di freschezza nel cinema horror contemporaneo, opera fortemente politica che sfrutta appieno il genere con scelte originali in novanta minuti ad alto tasso di tensione emotiva. Dopo una prima parte che chiarisce con semplici tocchi il corposo background di Shideh e di un Paese fortemente castrato dalle rigidi leggi islamiche, nella seconda metà L'ombra della paura regala sequenze di grande fascino capaci di far sobbalzare dalla sedia senza abusare dei classici trucchetti tipici del filone ma creando soluzioni ambientali geometriche e suggestive dall'alone quasi pittorico. Se il topoi della madre con bambina in una casa apparentemente infestata può sembrare inizialmente banale, la gestione dei personaggi si rivela invece l'ennesimo punto di forza della visione, con intrecci narrativi che cercano di sviare la reale progressione degli eventi instillando un sano dubbio nello spettatore. Lo stesso si può dire per le numerose figure di contorno, qui non semplici comprimari ma elementi fondamentali ai fini del lato mystery di una vicenda sospesa tra il realismo della guerra (con tanto di rocambolesche fughe nei sotterranei per scampare ai bombardamenti) e il versante sovrannaturale. Il tutto in un contesto di puro e fagocitante regime, con le videocassette vietate dal governo e il rischio di frustate per le donne scoperte a girare senza il velo. L'emblematico epilogo, che (senza spoiler) pare precludere definitivamente le ambizioni sociali della protagonista, è la perfetta chiusura del cerchio di una pellicola che si apre a più chiavi di lettura in maniera intelligente ed efficacemente orrorifica.




Fonte: Evereye.it

 

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