I dadi della signora Ripley - Parte 2
Ci eravamo lasciati nella prima parte del mio racconto "I dadi della signora Ripley" (puoi leggere la prima parte qui). Adesso posterò la seconda parte del racconto, sperando che vi stia piacendo.
SECONDA PARTE
...verso gli sposini, ma vide che non
si erano nemmeno accorti di lui perché stavano continuando a bere e ridere a
crepapelle sotto gli occhi annoiati del barman. Cercò di abituare gli occhi
alla semi-oscurità delle luci soffuse e finalmente scoprì che la sua sensazione
non era sbagliata: in fondo al locale, nella penombra, vide una donna in abito
da sera rosso scuro che lo fissava sorridendogli. Stava fumando una sigaretta e
non appena i loro sguardi si incrociarono, lei alzò la mano, invitandolo al suo
tavolo. Jack si avviò con calma verso di lei ma, quando fu a metà del suo
percorso, l'uomo che era appoggiato al juke-box lo prese per un braccio e lo
strattonò verso di lui, facendolo quasi rovinare a terra per lo slancio.
«Ehi, ehi! Ma che diavolo fai?»
disse Jack cercando di divincolarsi da quel bestione, ma la sua stazza non
glielo consentiva. Suo malgrado, rimase fermo di fronte all'uomo, occhi negli
occhi.
«Non andare da lei, è un consiglio...» gli
sussurrò l'uomo mentre teneva d'occhio la donna seduta al tavolo. Sembrava
quasi che ne avesse paura.
«Ma che stai dicendo? Sei matto?»
disse Jack cercando di liberarsi dalla stretta che sembrava d'acciaio. L'uomo
scosse il capo mestamente.
«Quella donna sarà la tua rovina,
amico. Dammi retta. Sei qui per giocare a poker, a dadi o a qualsiasi altro
gioco d'azzardo, vero?» Jack annuì.
«È proprio per questo che lei ti
stava aspettando, lei SAPEVA che saresti venuto questa sera in questo locale.
Per l'ultima volta, scappa più veloce che puoi lontano da lei. Adesso sta a te
decidere...» disse l'uomo allentando finalmente la presa e uscendo dal Player
Bar. Jack rimase interdetto: cosa poteva succedere di così tremendo se lui
avesse fatto la conoscenza di quella donna seduta al tavolo? Le parole
dell'uomo l'avevano reso inquieto, ma si fece coraggio e continuò ad avanzare
verso la donna che sembrava non aver fatto caso alla discussione dei due.
Arrivò proprio di fronte a lei e le sorrise.
Che strano... Sono un tipo timido
ma con lei mi è venuto tutto naturale, come se fosse mia madre o una mia amica
stretta pensò
Jack accomodandosi al tavolo e facendo cenno al barista di portargli qualcosa
da bere. Ecco un'altra cosa strana: non avrebbe mai avuto il coraggio di
ordinare qualcosa con quella prepotenza e maleducazione. Il vero Jack si
sarebbe accostato timidamente al bancone e avrebbe chiesto con un filo di voce
al massimo un gin tonic. Ma quello che non sapeva Jack era che queste cose
erano correlate fra di loro, perché da lì a poco, la vita di Jack Forrester
sarebbe cambiata in modo radicale.
La donna che sedeva di fronte a
lui si chiamava Sharon Ripley. Era alta, formosa e con un viso aggraziato e
dalle linee gentili. Le piccole labbra sottili si appoggiavano delicatamente
sul filtro della sua Chesterfield lasciando traccia di un rossetto color
rubino, quasi lo stesso colore del suo abito da sera che lasciava intravedere,
tramite la scollatura, il suo seno generoso. I lunghi capelli neri erano raccolti
in una coda che arrivava fino al sodo fondoschiena. Era davvero bellissima e
Jack ne fu ammaliato da subito.
«Buonasera. Il mio nome è Sharon
Ripley e vivo qui a Paradise. Tu invece chi sei?» chiese sporgendosi sul tavolo
e sorridendogli affabilmente. Intanto, il barman aveva portato un Kentucky
anche a Jack, che lo buttò giù in un sol colpo.
«Jack Forrester, provengo da
Jackpot. Sei davvero bella...» quelle parole gli uscirono con una facilità
impressionante. Sharon Ripley sorrise mostrando dei denti bianchissimi e
curati. Nel suo aspetto non c'era nulla che non andava, nemmeno il più piccolo
difetto. Era la donna perfetta.
«Ti piace giocare?» disse lei
ammiccando mentre Jack chiedeva ad alta voce un altro giro di whisky.
«Dipende... Conosco un gioco che
potrebbe piacere tanto ad entrambi» disse Jack allungando le mani sul tavolo e
sfiorando le sue: si rese conto che erano fredde, fredde come il ghiaccio.
«Hai freddo per caso? Eppure in
questo locale si muore di caldo» chiese mentre anche l'altro whisky andava giù
tutto d'un fiato.
«Non sento né freddo, né caldo.
Non più. L'unica cosa che mi fa provare ancora delle sensazioni è questa» disse
mentre apriva la mano sinistra che fino a quel momento aveva tenuto serrata,
rivelando una coppia di dadi trasparenti.
«DADI! Giochi anche tu a dadi?» la
signora Ripley annuì.
«Ti va di giocare un po' con me?
Solo per riscaldarci un po' in attesa di fare follie al casinò» Sharon cominciò
ad agitare i dadi all'interno del palmo, facendoli scontrare fra loro. Poi si
fermò di colpo.
«Anzi, tira tu per primo. Sei tu
l'ospite» gli porse i dadi.
«Ok, volevo dare precedenza alle
signore ma visto che insisti...» Jack allungò la mano per afferrare i dadi e
non appena li ebbe in pugno, fu travolto da un'ondata di serenità inspiegabile.
«Cos'è questa bellissima
sensazione che provo solo tenendo in mano questi dadi?» Sharon sorrise
spegnendo la sigaretta in un posacenere a forma di roulette.
«È solo una tua impressione forse.
Non mi hai detto che ti piace tanto giocare a dadi?»
«Si ma...è diverso...mi sento
davvero bene e dannatamente fortunato!» disse Jack non contenendo più
l'euforia. «Allora, qual è la posta in gioco?»
«Nulla, è solo una semplice
partita fra due amici»
«Andiamo, qualcosa in palio ci
deve essere per forza, altrimenti che gusto c'è?»
«Ci sarà, vedrai» disse Sharon in
tono enigmatico. Jack cominciò a scuotere i dadi.
«Ok, allora voglio un sette!» così
dicendo lanciò i dadi. Un due e un cinque: sette.
«Che fortuna!» esclamò guardando i
dadi. Sharon gli sorrise.
«Tu dici? Perché non ci riprovi?»
Sharon strizzò l’occhio. Jack prese i dadi nella sua mano destra e con la
sinistra indicò il numero cinque. I dadi vennero lanciati nuovamente: un due e
un tre, cinque. Jack rimase a bocca aperta. Due tiri di seguito non gli erano
mai capitati. Volle riprovare ancora e ancora, continuò per un'ora di fila non
perdendo mai. Sharon continuava a guardarlo incuriosita. Jack aveva tirato così
tante volte quei dadi che il polso cominciava a fargli male.
«Questo non è possibile! È fuori
da ogni logica!» disse Jack bevendo il suo terzo whisky. Sharon gli fece segno
con l'indice di avvicinarsi.
«Vuoi sapere il segreto di questi
dadi?» gli sussurrò all'orecchio mentre Jack veniva investito dal suo profumo,
dolce e sensuale.
«Questi non sono dei dadi normali.
Mi vennero donati da una vecchia che incontrai in un casinò, a Johannesburg»
disse Sharon accendendo l'ennesima sigaretta. Trasse una boccata di fumo e
continuò il suo racconto. «Quando la vidi nella sala fumatori del casinò, mi
fece un brutto effetto. Era molto bassa e gracile. Indossava un velo nero sui
capelli bianchi e ai piedi non portava scarpe eleganti come dovrebbe essere in
un posto del genere, ma solo un paio di ciabatte logore. Così chiesi ad un
cameriere come mai una persona così sciatta e sporca aveva accesso ad un posto
frequentato dagli uomini più ricchi della città...» Jack sentì vagamente i due
sposini salutare il barman biascicando qualcosa con la bocca impastata
dall'alcol.
«Sai cosa mi disse quel cameriere?
Mi disse che quella era la donna più ricca di tutta l'Africa. Il proprietario
del casinò aveva tolto qualsiasi restrizione affinché essa potesse sempre
essere la benvenuta nel suo locale. Oh, non lo faceva certo per pietà: quella
donna aveva vinto più di un milione di dollari in una sola sera giocando ai
dadi. Continuava a vincere sempre, ogni sera. Il proprietario, di conseguenza,
aveva detto allo staff che quella donna poteva giocare a tutti i tavoli che
voleva, nella speranza che la fortuna le voltasse le spalle e perdesse tutti i
suoi averi. Inutile dirti che questo non accade mai» concluse Sharon con un
alone di mistero nella voce.
«Ehi, voi due! Dovete andarvene
adesso, devo chiudere il locale!» tuonò spazientito il barman gettando lo
straccio sul bancone.
«Meglio
andare ora, quel tipo potrebbe arrabbiarsi seriamente» disse Jack alzandosi
dalla sedia. Pagò il conto e insieme a Sharon Ripley, uscì nella fresca notte
di Paradise.
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