12 ore di buio

venerdì 20 gennaio 2017

Meglio fortunati al gioco o in amore? Parte 2

I dadi della signora Ripley - Parte 2

Ci eravamo lasciati nella prima parte del mio racconto "I dadi della signora Ripley" (puoi leggere la prima parte qui). Adesso posterò la seconda parte del racconto, sperando che vi stia piacendo.

 

SECONDA PARTE


...verso gli sposini, ma vide che non si erano nemmeno accorti di lui perché stavano continuando a bere e ridere a crepapelle sotto gli occhi annoiati del barman. Cercò di abituare gli occhi alla semi-oscurità delle luci soffuse e finalmente scoprì che la sua sensazione non era sbagliata: in fondo al locale, nella penombra, vide una donna in abito da sera rosso scuro che lo fissava sorridendogli. Stava fumando una sigaretta e non appena i loro sguardi si incrociarono, lei alzò la mano, invitandolo al suo tavolo. Jack si avviò con calma verso di lei ma, quando fu a metà del suo percorso, l'uomo che era appoggiato al juke-box lo prese per un braccio e lo strattonò verso di lui, facendolo quasi rovinare a terra per lo slancio.
«Ehi, ehi! Ma che diavolo fai?» disse Jack cercando di divincolarsi da quel bestione, ma la sua stazza non glielo consentiva. Suo malgrado, rimase fermo di fronte all'uomo, occhi negli occhi.
 «Non andare da lei, è un consiglio...» gli sussurrò l'uomo mentre teneva d'occhio la donna seduta al tavolo. Sembrava quasi che ne avesse paura.
«Ma che stai dicendo? Sei matto?» disse Jack cercando di liberarsi dalla stretta che sembrava d'acciaio. L'uomo scosse il capo mestamente.
«Quella donna sarà la tua rovina, amico. Dammi retta. Sei qui per giocare a poker, a dadi o a qualsiasi altro gioco d'azzardo, vero?» Jack annuì.
«È proprio per questo che lei ti stava aspettando, lei SAPEVA che saresti venuto questa sera in questo locale. Per l'ultima volta, scappa più veloce che puoi lontano da lei. Adesso sta a te decidere...» disse l'uomo allentando finalmente la presa e uscendo dal Player Bar. Jack rimase interdetto: cosa poteva succedere di così tremendo se lui avesse fatto la conoscenza di quella donna seduta al tavolo? Le parole dell'uomo l'avevano reso inquieto, ma si fece coraggio e continuò ad avanzare verso la donna che sembrava non aver fatto caso alla discussione dei due. Arrivò proprio di fronte a lei e le sorrise.
Che strano... Sono un tipo timido ma con lei mi è venuto tutto naturale, come se fosse mia madre o una mia amica stretta pensò Jack accomodandosi al tavolo e facendo cenno al barista di portargli qualcosa da bere. Ecco un'altra cosa strana: non avrebbe mai avuto il coraggio di ordinare qualcosa con quella prepotenza e maleducazione. Il vero Jack si sarebbe accostato timidamente al bancone e avrebbe chiesto con un filo di voce al massimo un gin tonic. Ma quello che non sapeva Jack era che queste cose erano correlate fra di loro, perché da lì a poco, la vita di Jack Forrester sarebbe cambiata in modo radicale.


La donna che sedeva di fronte a lui si chiamava Sharon Ripley. Era alta, formosa e con un viso aggraziato e dalle linee gentili. Le piccole labbra sottili si appoggiavano delicatamente sul filtro della sua Chesterfield lasciando traccia di un rossetto color rubino, quasi lo stesso colore del suo abito da sera che lasciava intravedere, tramite la scollatura, il suo seno generoso. I lunghi capelli neri erano raccolti in una coda che arrivava fino al sodo fondoschiena. Era davvero bellissima e Jack ne fu ammaliato da subito.
«Buonasera. Il mio nome è Sharon Ripley e vivo qui a Paradise. Tu invece chi sei?» chiese sporgendosi sul tavolo e sorridendogli affabilmente. Intanto, il barman aveva portato un Kentucky anche a Jack, che lo buttò giù in un sol colpo.
«Jack Forrester, provengo da Jackpot. Sei davvero bella...» quelle parole gli uscirono con una facilità impressionante. Sharon Ripley sorrise mostrando dei denti bianchissimi e curati. Nel suo aspetto non c'era nulla che non andava, nemmeno il più piccolo difetto. Era la donna perfetta.
«Ti piace giocare?» disse lei ammiccando mentre Jack chiedeva ad alta voce un altro giro di whisky.
«Dipende... Conosco un gioco che potrebbe piacere tanto ad entrambi» disse Jack allungando le mani sul tavolo e sfiorando le sue: si rese conto che erano fredde, fredde come il ghiaccio.
«Hai freddo per caso? Eppure in questo locale si muore di caldo» chiese mentre anche l'altro whisky andava giù tutto d'un fiato.
«Non sento né freddo, né caldo. Non più. L'unica cosa che mi fa provare ancora delle sensazioni è questa» disse mentre apriva la mano sinistra che fino a quel momento aveva tenuto serrata, rivelando una coppia di dadi trasparenti.
«DADI! Giochi anche tu a dadi?» la signora Ripley annuì.
«Ti va di giocare un po' con me? Solo per riscaldarci un po' in attesa di fare follie al casinò» Sharon cominciò ad agitare i dadi all'interno del palmo, facendoli scontrare fra loro. Poi si fermò di colpo.
«Anzi, tira tu per primo. Sei tu l'ospite» gli porse i dadi.
«Ok, volevo dare precedenza alle signore ma visto che insisti...» Jack allungò la mano per afferrare i dadi e non appena li ebbe in pugno, fu travolto da un'ondata di serenità inspiegabile.
«Cos'è questa bellissima sensazione che provo solo tenendo in mano questi dadi?» Sharon sorrise spegnendo la sigaretta in un posacenere a forma di roulette.
«È solo una tua impressione forse. Non mi hai detto che ti piace tanto giocare a dadi?»
«Si ma...è diverso...mi sento davvero bene e dannatamente fortunato!» disse Jack non contenendo più l'euforia. «Allora, qual è la posta in gioco?»
«Nulla, è solo una semplice partita fra due amici»
«Andiamo, qualcosa in palio ci deve essere per forza, altrimenti che gusto c'è?»
«Ci sarà, vedrai» disse Sharon in tono enigmatico. Jack cominciò a scuotere i dadi.
«Ok, allora voglio un sette!» così dicendo lanciò i dadi. Un due e un cinque: sette.
«Che fortuna!» esclamò guardando i dadi. Sharon gli sorrise.
«Tu dici? Perché non ci riprovi?» Sharon strizzò l’occhio. Jack prese i dadi nella sua mano destra e con la sinistra indicò il numero cinque. I dadi vennero lanciati nuovamente: un due e un tre, cinque. Jack rimase a bocca aperta. Due tiri di seguito non gli erano mai capitati. Volle riprovare ancora e ancora, continuò per un'ora di fila non perdendo mai. Sharon continuava a guardarlo incuriosita. Jack aveva tirato così tante volte quei dadi che il polso cominciava a fargli male.
«Questo non è possibile! È fuori da ogni logica!» disse Jack bevendo il suo terzo whisky. Sharon gli fece segno con l'indice di avvicinarsi.
«Vuoi sapere il segreto di questi dadi?» gli sussurrò all'orecchio mentre Jack veniva investito dal suo profumo, dolce e sensuale.
«Questi non sono dei dadi normali. Mi vennero donati da una vecchia che incontrai in un casinò, a Johannesburg» disse Sharon accendendo l'ennesima sigaretta. Trasse una boccata di fumo e continuò il suo racconto. «Quando la vidi nella sala fumatori del casinò, mi fece un brutto effetto. Era molto bassa e gracile. Indossava un velo nero sui capelli bianchi e ai piedi non portava scarpe eleganti come dovrebbe essere in un posto del genere, ma solo un paio di ciabatte logore. Così chiesi ad un cameriere come mai una persona così sciatta e sporca aveva accesso ad un posto frequentato dagli uomini più ricchi della città...» Jack sentì vagamente i due sposini salutare il barman biascicando qualcosa con la bocca impastata dall'alcol.
«Sai cosa mi disse quel cameriere? Mi disse che quella era la donna più ricca di tutta l'Africa. Il proprietario del casinò aveva tolto qualsiasi restrizione affinché essa potesse sempre essere la benvenuta nel suo locale. Oh, non lo faceva certo per pietà: quella donna aveva vinto più di un milione di dollari in una sola sera giocando ai dadi. Continuava a vincere sempre, ogni sera. Il proprietario, di conseguenza, aveva detto allo staff che quella donna poteva giocare a tutti i tavoli che voleva, nella speranza che la fortuna le voltasse le spalle e perdesse tutti i suoi averi. Inutile dirti che questo non accade mai» concluse Sharon con un alone di mistero nella voce.
«Ehi, voi due! Dovete andarvene adesso, devo chiudere il locale!» tuonò spazientito il barman gettando lo straccio sul bancone.
«Meglio andare ora, quel tipo potrebbe arrabbiarsi seriamente» disse Jack alzandosi dalla sedia. Pagò il conto e insieme a Sharon Ripley, uscì nella fresca notte di Paradise.

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