I dadi della signora Ripley - Parte 3 (ultima)
Ricapitoliamo: per capire interamente questo mio racconto dovete leggere la PARTE 1 e la PARTE 2. Adesso che avete letto entrambe le parti, posto l'ultima parte de "I dadi della signora Ripley", uno dei dodici racconti che compongono la mia antologia "12 ore di buio" acquistabile qui. Ricordatevi di lasciare un commento (aiutano a crescere) e buona lettura!
TERZA PARTE
«Finisci di raccontarmi la
storia?» chiese Jack impaziente. Sharon abbozzò un sorriso che in fondo
nascondeva molta malinconia e tristezza.
«Adesso, questi dadi appartengono a te. Vai a Las Vegas e sbancherai
ogni casinò sulla tua strada. Ormai a me non servono più, sono molto ricca e ho
molti possedimenti giù in New Mexico. Credo proprio che domani partirò per
andarmene li. Ti do solo un consiglio: non abusare del potere dei dadi se non
vuoi fare la mia stessa fine. Buona fortuna, Jack!» concluse Sharon Ripley
incamminandosi verso una Mustang rosa parcheggiata poco più in là. Jack la vide
salire e con la stessa rapidità, sparire nel buio della notte a tutta velocità.
Si chiese subito di quale fine stesse parlando la signora Ripley: aveva soldi,
proprietà. Conduceva una vita agiata di lusso sfrenato e girava per il mondo
come lei stessa le aveva raccontato prima. Allora a quale fine alludeva?
Poco male, adesso tocca a me
divertirmi. Grazie di cuore, signora Ripley pensò mentre si metteva alla guida della sua Civic e
sfrecciava euforico alla volta di Las Vegas. La prima vittima di Jack Forrester
fu il Plaza, il più grande casinò della città. In poco più di due ore vinse una
fortuna infinita, che sfiorava il milione di dollari. Il meccanismo era sempre
lo stesso: con uno stratagemma, distraeva il croupier scambiando i dadi in suo
possesso con quelli "normali", immaginava il suo numero in testa e lo
dichiarava, vincendo ad ogni mano. Il croupier aveva addirittura perquisito
minuziosamente i dadi, trovandoli regolari e non truccati, fra lo stupore
generale. Quando l'orologio segnava le due e mezza, Jack non aveva ancora sonno
e spinto dall'euforia delle vincite, si recò in un altro casinò. Ripulito anche
quello passò al terzo, poi ad un quarto. Solo alle sei del mattino si chiuse
nella sua suite lussuosa del miglior albergo di Las Vegas e contò la vincita.
Esattamente cinque milioni di dollari. Venne colto dal sonno poco dopo,
addormentandosi fra i suoi amati soldi e sognando finalmente la sua storia
d'amore con Angie. Quando si risvegliò, erano le undici passate. Il suo sguardo
assonnato corse subito al comodino, dove aveva appoggiato i preziosi dadi.
Erano sempre lì, luccicanti come la sera prima quando facevano scintille sui
tavoli da gioco dei casinò.
Angie, amore mio. Adesso sarà
tutto più facile
Dopo essersi vestito e lavato, saldò il conto
alla reception dell'albergo e partì in tutta fretta alla volta di Jackpot.
Durante il viaggio, non fece altro che pensare a come dichiararsi ad Angie.
Forse bastava un semplice "Ti amo, vuoi sposarmi?" o "Ho vinto
una fortuna giù a Las Vegas solo per te, vuoi diventare mia moglie?". Il
suo aspetto fisico non lo preoccupava più: oltre alle vincite, quei dadi gli
avevano dato anche un'enorme sicurezza in sé stesso. Arrivò a Jackpot nel tardo
pomeriggio e la prima cosa che fece fu andare a casa dei genitori di Angie,
dove lei viveva. Parcheggiò la Civic nel vialetto di fianco alla casa e vide
qualcosa che non gli piacque per niente: proprio vicino ai gradini che
conducevano alla veranda dei Walters, vi erano un'infinità di fiori con su
attaccati dei biglietti.
Cosa diavolo è successo?
Corse velocissimo, salendo i
gradini e trovandosi di fronte ad una macabra sorpresa: un manifesto annunciava
la morte di Angie Walters. La foto che la ritraeva sullo stesso era nitida, era
proprio la sua Angie.
No, Dio, ti prego... NO!
Bussò con foga alla porta mentre
le prime lacrime cominciavano a cadere giù da un ciglio, ma non ebbe risposta.
Sentì il campanello di una bicicletta poco distante e vide un giornale volare
letteralmente sulla veranda, lanciato da un ragazzino che faceva le consegne
per la testata giornalistica locale. Con le mani tremanti, lesse la notizia in
prima pagina.
"Morta Angie Walters a
seguito di una rapina in banca. La ragazza é stata coinvolta in una sparatoria
fra i malviventi e la guardia giurata. Un proiettile le ha attraversato il
cervello e non c'è stato nulla da fare per lei. I malviventi sono riusciti a fuggire
con una somma incredibile: cinque milioni di dollari. Oggi pomeriggio i
funerali si terranno..." Jack non riusciva più a leggere: le lacrime gli
appannavano la vista e sentendosi mancare, si sedette sugli scalini del
portico, fra i fiori portati alla sua Angie. Quando alzò il capo, vide una
figura in lontananza che conosceva bene: dall'altro lato della strada, avvolta
in un vestito nero e stretto, c'era la signora Ripley.
«Ti avevo detto di non abusare del
loro potere e sei finito come me. Mio marito morì schiacciato da un furgone
portavalori contenente la stessa somma che la sera prima vinsi al casinò con
quei dadi. Lo amavo più della mia vita e adesso tutti i soldi del mondo non
potranno mai rendermi davvero felice» urlò accendendosi una sigaretta. Poi
lentamente svanì nel suo stesso fumo, volatilizzandosi nell'aria. Jack ancora
intontito da quella catena di tragici eventi, prese d'istinto i dadi che aveva
in tasca e li gettò lontano, oltre il giardino dei Walters, dove prima vi era
la signora Ripley. Quando pensava di essersene liberato, rimise nuovamente le
mani in tasca: le sue dita sfiorarono nuovamente i dadi magici. Non poteva più
liberarsene in quel modo: anche lui, come in passato aveva fatto la signora
Ripley, avrebbe dovuto donare quei dadi infernali a qualcuno. Fu allora che
rovesciò la testa all'indietro cominciando a ridere come un pazzo. Tutt'intorno
a Jack Forrester cominciava a diventare buio e oscuro come la sua mente.
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